News Un nuovo nome per i lobbisti? Why not?

coronaHub-02L’American League of Lobbyists cambia nome. La parola lobbista non va più bene e allora si trova una nuova denominazione. Si chiamerà “Association of Government Relations Professionals (AGRP)”, associazione dei professionisti delle relazioni istituzionali. L’approvazione della nuova denominazione, una occasione definita storica nel comunicato stampa presentato sul sito dell’associazione di categoria (www.alldc.org)  è stata votata dal 35% degli iscritti all’organizzazione (gli incerti della limitata partecipazione delle strutture della democrazia rappresentativa), che ha sancito il passaggio a nuova denominazione con luna maggioranza dell’83% .

La motivazione di questo cambio di denominazione, come riferisce Maria Cristina Antonucci sul quotidiano indipendente online L’Indro, è stata così motivata dal presidente dell’associazione Monte Ward: «Lo scopo del gruppo direttivo dell’associazione è di fornire un servizio agli iscritti e questo  cambiamento rappresenta il primo passo per fornire una casa comune a tutti coloro che siano attivi nella realtà delle relazioni istituzionali… sono davvero felice che il nostro nuovo nome sia in grado di riflettere al meglio questa complessa realtà».

Secondo Maria Cristina Antonucci “si cambia nome perché di fatto, con la complessità globale, si modifica il contenuto professionale dell’attività di lobbista, che ora comprende non solo e non tanto l’intervento di pressione finalizzato a far emergere una legislazione conforme agli interessi particolari, ma prevede anche le relazioni pubbliche e con il sistema dei mass media (media campaign), la ricerca del supporto dell’opinione pubblica su determinati temi e posizioni (grassroot lobbying), l’organizzazione di campagne mirate sui social media (social media campaign). In questo senso, la professione ha effettivamente ampliato il proprio raggio di azione, dal momento che sempre di più la strategia della ricerca del consenso del decisore pubblico non si rivela sufficiente non tanto per l’assunzione di un provvedimento purchessia, quanto per la creazione di un clima di favore negli opinion makers e nell’opinione pubblica, che consenta una effettiva realizzazione del provvedimento, secondo le forme e le modalità con cui esso è stato concepito come intervento legislativo.”

Il tema è di grande attualità.  Da un lato si dilata l’ambito di attività tradizionale dei lobbisti, dall’altro comincia a non essere più sopportabile anche negli Usa, patria delle regole del lobbying, l’uso quasi sempre denigratorio della parola lobby e derivati. Il Washington Post,nota  Maria Cristina Antonucci, ha commentato la notizia ricordando che oltre al cambiamento di operatività dei lobbisti, all’origine del cambio di denominazione c’è anche la cattiva immagine che la parola lobby si porta dietro.

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