News Buone riforme istituzionali in vista? Speriamo ……

coronaHub-02Cambiare le regole del gioco della democrazia, istituzioni e legge elettorale, subito e non a colpi di maggioranza, è la sfida delle prossime settimane che può segnare una svolta storica per l’Italia e, indirettamente, rimettere benzina nel motore dell’economia ferma da 3 anni.
Matteo Renzi ha tutta l’aria di voler fare sul serio. Anche Silvio Berlusconi, a quanto pare, memore, forse, delle tante mancate riforme degli ultimi venti anni, che lo hanno visto protagonista.
L’intesa tra i due leader lascia ben sperare, anche se le riforme che si delineano hanno molti punti non chiari e di certo non appaiono il meglio che ci si poteva augurare.
La legge elettorale che si profila è sicuramente migliore del porcellum cancellato dalla Corte Costituzionale. Con le nuove regole, si dice,  potremo avere due grandi partiti che si fronteggeranno e un numero ridotto di partiti piccoli che avranno una limitata presenza in Parlamento.
Piccole circoscrizioni sicuramente avvicineranno gli elettori ai candidati, ma costoro continueranno a figurare in liste bloccate impedendo il voto di preferenza e, di fatto, consolidando il potere di nomina delle segreterie di partito. C’è da augurarsi che si introduca per legge l’obbligo per tutti i partiti di svolgere le primarie per la scelta dei candidati da mettere in lista. In ongi caso si deve auspicare che tutti i paretiti, anche se la legge non dovesse imporlo, ricorrano alle primarie per consetire ai propri iscritti e simpatizzanti di intervenire attivamente nella composizione delle liste.
Molto più importanti della legge elettorale sono altri due filoni delle riforme che rientrano nel pacchetto  concordato tra Renzi e Berlusconi: la riforma del Titolo V della Costituzione e la fine del bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato in Camera dei poteri locali.
Si tratta di riforme indispensabili e urgenti, perfino più della legge elettorale. Un Parlamento con due Camere che fanno un lavoro fotocopia, oltre ad avere un costo eccessivo, rallenta in modo insostenibile i tempi delle decisioni e costringe il governo a ricorrere a decreti-legge e a continui voti di fiducia che impediscono ai parlamentari di svolgere una vera e propria attività legislativa autonoma e umiliano il Parlamento.
Ben venga una sola Camera, magari con non più di 400 deputati, e ben venga un Senato non elettivo ma rappresentativo solo delle realtà locali. Come conseguenza, servirà un regolamento dei lavori parlamentari molto più snello e tale da garantire il diritto del governo di far discutere e votare le proprie proposte in tempi ragionevoli ma anche il diritto delle opposizioni di poter fare altrettanto, anche se con spazi di poco più limitati.
Ma la riforma che potrà avere ricadute importantissime, se ben fatta, è quella del Titolo V delle Costituzione che ha trasferito alle regioni troppi poteri e ha creato, con il principio delle legislazioni concorrenti, una babele di competenze che  paralizzano le decisioni, l’economia, aumentano costi e sprechi e intasano i lavori della Corte costituzionale.
Renzi e Berlusconi, e con loro quanti avranno voglia di occuparsene seriamente, dovrebbero avere il coraggio di cancellare il principio delle legislazioni concorrenti e di togliere – o ridimensionare in modo chiaro e consistente – alle Regioni i poteri su quelle materie che hanno dimostrato di non saper gestire: Sanità, Turismo ed Energia. Si tratta di tre settori strategici per l’Italia che vanno radicalmente rifondati e ricondotti ad un’unitarietà non solo di programmazione nazionale ma anche di gestione delle attività principali.
Col sommo poeta, potremmo dire a Renzi, a mo’ di  sprone: “qui si parrà tua nobilitate”.

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